Undress Code
Dall’Haute Couture al Fast Fashion, passando per il Pret-à-Porter, la seducente industria della moda è tra le più articolate e redditizie del panorama produttivo mondiale. Detiene però anche un triste primato: quello di essere tra le più inquinanti, seconda nientemeno che all’attività petrolchimica. La complessità della sua filiera, a partire dalla coltivazione della materia prima fino agli innumerevoli processi di lavorazione, ha senza dubbio un notevole impatto ambientale.
La produzione mondiale annua di abbigliamento è stimata tra gli ottanta e i cento miliardi di capi e i rifiuti tessili prodotti in tutto il mondo si aggirano intorno ai sessanta miliardi di chilogrammi. Si tratta di numeri impressionanti che sono destinati a crescere ulteriormente e che continuano a richiamare l’attenzione sulla stridente eccedenza di “capi kleenex” usa e getta. Gli armadi dell’Occidente scoppiano di abiti che mediamente hanno una durata di quindici giorni, dopo di che ci si dimentica di averli.
Ma qual è il destino dei vestiti che gettiamo nel cassonetto? Esiste una consapevolezza dei danni ambientali e sociali che provochiamo quando decidiamo di disfarci dei capi non più utilizzati? Siamo davvero certi che gli armadi stracolmi ci facciano sentire meglio e ci assicurino quell’uniformità di stile imposta dal consumismo?
Spogliando dalle rigide etichette il concetto di dress-code ho voluto rivestirlo di una nuova interpretazione partendo dal concetto di economia circolare e accostandolo a differenti realtà produttive e sociali. Realtà importanti che conservano ancora una profonda dimensione umana e dimostrano come un pieno regime di sostenibilità sia ancora lontano, ma sicuramente possibile.
“UNDRESS CODE”, dunque: Remake, Reuse, Repair, Recycle. Dalla produzione del lino al riutilizzo dei vecchi copertoni di bicicletta, dal recupero degli indumenti per i poveri fino al riciclo delle fibre per ricreare nuovo filato, questo è un piccolo viaggio tra le possibili alternative al consumismo smisurato della moda.
L’esigenza di un linguaggio fotografico flessibile, al pari del tema trattato, mi ha fatto propendere per l’utilizzo del polittico: quattro in totale, uno per ciascuna delle realtà esaminate. La lettura può avvenire in orizzontale ma anche in verticale, come trame e orditi che si intersecano e si muovono liberi in uno spazio interamente decodificato, in cui proprio la sostenibilità rappresenta la vera avanguardia.
Questo lavoro fotografico è stato realizzato nell’ambito del Progetto Fotografico Nazionale FIAF “Ambiente Clima Futuro” che sarà in mostra dal 18 giugno al 10 settembre 2022 a Bibbiena (AR) presso il CIFA – Centro Italiano della Fotografia d’Autore.
REMAKE
REMAKE come “rifare”, ovvero la ripresa di un’antica fibra tessile che torna attuale: il lino.
Utilizzato sin dagli antichi Egizi e portato all’apice da Fenici e Romani che per primi lo utilizzarono nei loro pregiati tessuti, rappresenta oggi l’eccellenza europea: dalla Normandia, al Belgio, ai Paesi Bassi fino all’Italia. Proprio nelle Valli Bergamasche, a partire dal 1873, fu LINIFICIO E CANAPIFICIO NAZIONALE a ridare vita alla coltivazione di lino e alla produzione di filati linieri fino al secondo conflitto mondiale, quando l’avvento delle fibre sintetiche e la concorrenza dei mercati dell’Est europeo purtroppo hanno avuto la meglio.
L’attuale ricerca di materiali sempre più sostenibili e la consapevolezza che abbiamo maturato per l’ambiente, ha fatto riscoprire questa pianta. In un ciclo di cento giorni, cullata dagli eventi atmosferici che ne determinano la qualità peculiare, essa cresce di un verde acceso, si colora di fiori azzurri nel mese di giugno e ingiallisce in agosto, quando sopraggiunge il momento della strappatura.
Giorgio Rondi è il massimo esperto internazionale di fibre liberiane e crede fortemente nel binomio tra tradizione artigianale italiana e innovazione tecnologica sostenibile. Egli è uno straordinario sognatore che mi ha aperto le porte di un tempo passato, mai veramente passato, perché predestinato a ritornare a fare parte anche del nostro futuro.
www.linificio.it
REPAIR
REPAIR come “riparare”, ovvero rimediare all’esuberanza di vestiti nei nostri armadi donandoli ai meno fortunati, ma anche “aggiustare” i capi con piccole riparazioni sartoriali, salvandoli così dalla discarica.
OPERA SAN FRANCESCO PER I POVERI nasce a Milano nel 1959 per volontà di fra Cecilio Cortinovis, portinaio del convento dei frati minori cappuccini e grazie alla generosità dell’industriale Emilio Grignani. Offre inizialmente una Mensa che distribuisce giornalmente pasti caldi e, in oltre sessant’anni, amplia la sua offerta organizzando un Poliambulatorio e il servizio Docce e Guardaroba. Fra Marcello Presidente di OSF, supportato da altri frati e da più di mille volontari, coordina questi servizi volti a restituire dignità a chiunque vi acceda. Al Centro Raccolta cittadini ed enti portano abiti non più utilizzati o invenduti; qui vengono sanificati e selezionati per stagione, genere e taglia. Il Centro Raccolta rappresenta la “provvista” alla quale attinge il servizio “Docce e Guardaroba”, ove le persone in difficoltà e senza dimora possono lavarsi e ottenere un cambio pulito. Dall’intimo alle scarpe, fino agli accessori e alle coperte, l’abbigliamento che a noi non serve più qui diventa risorsa preziosa.
www.operasanfrancesco.it
REUSE
REUSE come “riutilizzare”, ovvero trovare nuovi destini ai copertoni e alle camere d’aria di biciclette dismessi, destinati altrimenti agli inceneritori.
Dall’idea, dal cuore e dalle mani di Maurizio Sacco, nel 2010 a Torino nasce CINGOMMA. Assieme a un gruppo di amici artigiani di grande talento, partendo dai numeri impressionanti della produzione di pneumatici in Italia (circa 380.000 tonnellate di articoli da smaltire), si convince che etica ed estetica possano convivere. Così, attraverso accurati processi di lavorazione artigianale della gomma, nascono cinture, scarpe, borse, giacche e complementi d’arredo, tutti rigorosamente realizzati a mano e che rappresentano veri e propri “pezzi unici”. Cingomma è aperta alla collaborazione con artigiani che abbiano idee e voglia di realizzarle, l’importanza del recuperare non solo la materia dismessa, quindi, ma anche il valore del lavoro e dei rapporti umani. E’ questa la “filosofia circolare” di Maurizio. Il laboratorio di Cingomma è un luogo di profonda aggregazione, una grande casa dove l’amore per il pianeta, le idee e le esperienze si incontrano e danno vita a una nuova dimensione, un nuovo modo di essere, una nuova umanità.
www.cingomma.com
RECYCLE
RECYCLE come “riciclare”, ovvero riconvertire abiti usati e scarti industriali in nuovi capi.
Nel cuore della città di Prato – storico distretto tessile italiano – nel 2017, grazie all’intuizione di Niccolò Cipriani, nasce RIFO’. Un nome azzeccatissimo dalla forte contaminazione toscana che significa proprio “rifare” e che porta avanti due forti convinzioni: quella di realizzare capi etici attraverso una filiera sostenibile che riduca il consumo di acqua e di materie prime; quella di recuperare l’antico mestiere dei cenciaioli, veri e propri “poeti dei tessuti”, capaci di ricreare nuova materia da vecchi brandelli. Seduti per terra tra cataste di tessuti in cotone, lana e cachemire, questi straordinari artigiani riconoscono e selezionano i cenci per materiale e colore, li tagliano e ripuliscono da cerniere, cuciture e bottoni. Le pezze così raffinate vengono sfilacciate, riconvertite in nuovo filato e infine in nuovi capi di abbigliamento riciclati e riciclabili. Gli abiti usati continuano a vivere nel tempo, portandosi addosso tutte le loro storie.
www.rifo-lab.com